"Prima di capire che non era Barnabò,
ma Bàrnabo, ero a pagina settanta.
No dico, vi rendete conto come stiamo messi da queste parti?"
N.d.r.
N.d.r.
Non sapevo che Bàrnabo dalle montagne fosse un'opera prima, l'ho scoperto leggendo il libro, e questa nuova informazione mi ha fatto comprendere ancora meglio quanto Buzzati considerasse importante l'argomento dell'attesa, se l'ha voluto con più maturità trattare una seconda volta ne Il deserto dei Tartari, senza dubbio la diretta conseguenza più completa di questa prima osservazione.
Siamo sulle montagne (lapalissiana), precisamente a metà tra una cittadina e le crode più alte dei monti, ancor più precisamente in una "casa" dei guardiaboschi. E pur nel quotidiano vivere umano è l'attesa a essere il fulcro di ogni cosa.
Qui si manifesta nella consapevolezza di una morte ormai prossima, nella speranza di trovare il corpo di un figlio disperso sui monti, nell'aspettare di sapere cosa verrà deciso del proprio destino, nel vivere sentendosi un vigliacco, nell'ossessione di trovare il modo con cui riscattare la propria vita.
Bàrnabo siamo noi. Ognuno di noi nel suo proprio momento d'immobilismo.
E' lo spettatore e ambivalentemente il protagonista di questa sospensione ad aspettare che il tempo passi, scorra via trascinando con sé tutto anche il significato di ogni cosa.
Perché in questa dilatazione è proprio il significato delle cose a cambiare. Bàrnabo siamo noi. Ognuno di noi nel suo proprio momento d'immobilismo.
E' lo spettatore e ambivalentemente il protagonista di questa sospensione ad aspettare che il tempo passi, scorra via trascinando con sé tutto anche il significato di ogni cosa.
"... ma tutto si aggiusterà domani, domani ci sarà il sole propizio e si avrà voglia di lavorare.
Eppure è oggi che passa il tempo ... domani non è ancora passato ..."
Buona lettura.
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