Forse non essenzialmente io, ma io

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Bologna (itinerante), Bo, Italy
Nato a Taranto il 6 maggio nel segno del Toro. Il Giallo del collettivo Shingo Tamai, cialtrone poliedrico, dilettante eclettico, onnivoro relazionale, sempre in cerca di piaceri, di vezzi, di spunti e di guerre perse in partenza. L'idea di comparire in questi termini sulla rete è nata da un brainstorming con un amico, Leonardo Chiantini, qualunque fortuna possa avere il suo primo "quaderno di appunti" virtuale, è a lui che vanno i suoi ringraziamenti.
Benvenuti e buona lettura.
Ps. Aggiungetemi su Facebook e, con lo pseudonimo andrelebrogge, su Twitter

lunedì 20 agosto 2012

Storizzamimimi #1

Duemilaquattrocentonovantuno oggi fa a Platea, circondato da centinaia di greci incazzati - soprattutto spartani -, moriva Mardonio, generale persiano, bullo, genero di Dario I Imperatore dei Re.

lunedì 13 agosto 2012

Frivolezza del giorno

"A furia di dare nomi alle ondate di caldo state diventando grotteschi.
Il prossimo chiamatelo Moana"

giovedì 2 agosto 2012

Shingo Tamai Giallo - Le coincidenze di un agosto


SenzaBaffi era salito da un’ora sul treno Ancona-Chiasso e dai dieci minuti successivi al momento in cui si era seduto, stava maledicendo la sua sfortuna. A chi imputare sennò l’aver prenotato proprio quel posto in quella cabina occupata solo da altre due persone così egotiche, da aver bisogno di sentire le loro voci con quell’insistenza? Infatti CongliOcchiali e BarbaRiccia stavano parlando, anzi litigavano, scannandosi moderatamente, su questioni politiche, come se fossero stati in piena campagna elettorale e dovessero convincere un’invisibile platea a votar per uno di loro due.
Era già più di un’ora che sentiva ripetere ciclicamente gli stessi argomenti: “pensiero piccolo borghese”, “Agnelli è una persona rispettabile”, “fascista”, “comunista”; e tutto era cominciato con un commento al titolo dell’Unità che stava leggendo BarbaRiccia:
Se solo le loro opinioni non fossero state così divergenti e le loro voci così accalorate, forse avrebbe anche potuto provare a starsene sulle sue, con i suoi pensieri, invece non aveva nemmeno potuto provare a chiudere gli occhi e dormire per far passare il tempo più velocemente.
Non che non ci avesse provato, è che proprio non gli era riuscito.
Aveva fumato almeno otto sigarette, letto tutte le scritte del vagone, due volte, poi era ritornato nello scompartimento e li aveva trovati ancora intenti, anzi ancora più di prima.
Ormai era rassegnato, in fondo l’unica cosa che contasse di quel viaggio era che passasse in fretta, ogni minuto era un minuto in meno a separarlo da Clara.
Clara.

Erano passati tre mesi dall’ultima volta che avevano avuto l’occasione di vedersi.
Per molte delle notti dopo non ebbe bisogno di nessun aiuto, gli bastava rivivere quell’unica visita per poter dedicarsi in solitudine al suo corpo, senza sentirsi nemmeno troppo in colpa, visto che Lei era la protagonista assoluta di quel breve peccaminoso sogno a occhi semichiusi. L’unico neo era stata quella squallida cameretta di quell’albergo nel mezzo della Città Vecchia di Taranto. Ma nel breve intervallo affannoso cui si era affidato in quelle notti d’assolo, non era tanto difficile farlo scomparire. L’albergo era una cosa a buon mercato, non potevano permettersi molto di più e non è che odiasse Taranto, solo che proprio non gli piaceva abbastanza. Innanzi tutto lui di Chiasso aveva vissuto come un sopruso l’essere sbattuto dalla parte opposta dello Stivale e poi secondo lui tre cose buone aveva quella città: il mare, il clima e il cibo, il resto era allucinante, a dir poco. E poi quelle industrie così ingombranti, così fetide.
“Aver messo il futuro di questa città nelle mani dell’industria”, gli aveva detto in confidenza il Capitano la prima volta che avevano trascorso insieme una libera uscita, “sarà la tomba di questo paradiso”. Dal canto suo non era intenzionato affatto a restare a rimirarne la fine. Se lo ripeteva ogni giorno, non ci sarebbe mai rimasto laggiù, per ora andava bene, ma finita la naja, allora avrebbe chiesto il trasferimento.
Era in buoni rapporti con alcuni ufficiali per cui di sicuro l’avrebbero appoggiato in questo suo desiderio. E poi non ci poteva stare senza Clara, odiava quel dover stare talmente poco assieme a lei dal doverci finire a letto più per desideroso bisogno, che per voglia di amarla.

La costa marchigiana scorreva con le istantanee veloci dei suoi trabucchi, conficcati nelle scogliere e calati a mare dai pescatori, a scandire più o meno precisamente i metri percorsi dal treno.
Il Sole del mattino faceva sembrare il mare un lenzuolo sfranciuglioso di paillettes
“Che terra magnifica abbiamo”, pensò.
Restò a osservare il treno allontanarsi gradualmente dalla costa ed entrare nell’assolata e verdeggiante terra romagnola. L’ennesima sigaretta tesa tra indice e medio a fumare da sola, col vento. Poi, dopo essersi goduto per un po’ la bellezza circostante accompagnata dal rumore ridondante del treno ed aver trangugiato senza piacere un pessimo caffè al bar, riprese a camminare tra i corridoi delle carrozze fino a ritornare all’interno del suo scompartimento. Passeggiando aveva immaginato di trovare addormentati i due, o magari distratti, uno dalla voglia di ritornare alla lettura del suo giornale, l’altro da un incontenibile bisogno urgente che avrebbe potuto espletare solo correndo verso il bagno più vicino. Quando apri la porta fu invece riportato alla realtà. 
Il silenzio se l’era solo immaginato. Quei due parlavano.
Ancora.

- Ma lei non si rende conto nemmeno di quello che dice! Siamo governati da persone rispettabili altro che le chiacchiere che scrivono sui libri che legge lei!

BarbaRiccia era furioso, si intuiva dallo sguardo e dalle narici dilatate che forse l’unica cosa a trattenerlo dal rispondere come avrebbe voluto era l’età di CongliOcchiali, visibilmente più grande; infatti gli venne solo da mugugnare 
- Certo, come no, siamo io e quelli che scrivono i giornali che leggo, che ci stiamo inventando la parola corruzione, che mettono in dubbio l’infallibilità dello Stato italiano. Abbiamo un aereo esploso sul cielo di Ustica in circostanze misteriose, ma siamo noi i criminali, mica i grandi statisti italiani che sembrano indignarsi di tutto quello accade senza mai fare nulla di concreto che abbia l’obiettivo di risolverlo.

- Vorrei anche vedere! – Sbottò CongliOcchiali – o forse vogliamo parlare di cosa hanno fatto i vostri “intellettuali” al Presidente Aldo Moro e al Dottor Bachelet?

- Ma abbia pazienza – rispose BarbaRiccia – io non sto difendendo azioni come quelle compiute dai Brigatisti. Azioni che comunque possono trovare delle spiegazioni…

- Ah ecco – lo interruppe – sapevo che l’avrebbe detto! Eccola qui a giustificarmi i suoi Compagni che sbagliano!

- No, io non sto giustificando, dico che ci sono delle spiegazioni se delle persone arrivano ad ammazzarne delle altre. L’azione scellerata di per sé non significa che non abbia dei motivi a spingerla.

SenzaBaffi stava appoggiato con la schiena al finestrino aperto a metà osservandoli in silenzio, e si maledì per quella sua inutile curiosità nell’istante stesso in cui CongliOcchiali guardò verso di lui come per cercare la sua approvazione
 – Ha sentito? Adesso sembra quasi che abbiano fatto bene ad ammazzare un cristiano solo perché rappresentante dello Stato!

- Ma non sto dicendo questo! Le sto solo dicendo che per quanto siano da considerare discutibili le azioni terroristiche, colpire dei funzionari o dei collaboratori dello Stato, non è una cosa casuale o immotivata.

SenzaBaffi pensò che non è che quel pensiero appena espresso gli fosse tanto comprensibile, ma continuò a guardarli e con un sorriso vagamente conciliatorio, poi disse
- Onestamente non ho seguito molto la vostra discussione, ma è sempre molto difficile poter comprendere chiaramente azioni di questo tipo. Forse la cosa che colpisce di più è l’età di questi ragazzi. 
Comunque il caldo di oggi è veramente fuori stagione, nemmeno con i finestrini aperti si riesce a sopportare!

- Già.

- Vero.

Dopo quest’ultima battuta meteorologica il silenzio si impadronì dello scompartimento.
Un miracolo.
Parlare del tempo aveva avuto un inaspettato effetto soporifero sulla discussione. Non era stato quello il suo intento, ma in qualche modo c’era riuscito.
Passarono venti minuti, BarbaRiccia, aveva ripreso il suo giornale. Lo stava leggendo e più continuava a far scorrere gli occhi sul foglio, più era percepibile il ridimensionamento del suo furore.
CongliOcchiali, dal canto suo, aveva approfittato dei primi cinque minuti di silenzio proferendo a mezza voce

- Con permesso

Più per forma che per vero bisogno di attirare l’attenzione verso quello che stava per andare a espletare.
SenzaBaffi stava guardando fuori dal finestrino il sole, una palla incandescente che senza pietà, tanto era forte, sembrava riflettersi persino sul terreno opaco.
I cartelli bianchi a neri segnalarono l’arrivo in stazione, i freni del treno cominciarono a entrare in azione fino ad arrestare completamente quel lunghissimo serpente di ferro

- Bologna. Stazione di Bologna - Echeggiò la voce baritonale di un uomo maturo dagli altoparlanti - il treno Ancona-Chiasso in attesa sul primo binario partirà con due minuti di ritardo -

Entrò nello scompartimento CongliOcchiali, rimettendosi a sedere. SenzaBaffi si avvicinò al finestrino per vedere se fosse possibile aprirlo di più, il caldo a treno fermo era insopportabile. Si affacciò. Sotto il sole agostino poteva vedere gli interni in marmo della sala d’aspetto di seconda classe della Stazione di Bologna centrale. L’orologio appeso alla pensilina del primo binario segnava le 10:25. Guardò la lancetta dei secondi scandire il tempo
“Chissà quanto dovremo aspettare ancora”, pensò, asciugandosi la fronte con il fazzoletto di stoffa che portava sempre con sé.

Si voltò verso i due, SenzaBaffi stava sbottonandosi il colletto e allentandosi il nodo troppo stretto della cravatta celeste spento, BarbaRiccia invece stava sventolandosi con la copia dell’Unità piegata in quattro parti, la maniche della camicia bianca se l’era già da un pezzo tirate su fin quasi ai gomiti. “Son due ore che siamo qui dentro e ancora non ci siamo presentati”.
 - Chi di voi sa niente del russo dal nome impronunciabile con cui si scontrerà stasera Patrizio Oliva in finale?

In quell’istante, dentro una valigia ticchettante abbandonata nella sala d’aspetto di seconda classe dell’ala ovest della stazione, brillò una luce, inizialmente nessuno la vide, ma tutti ne sentirono il rumore.
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