Utopie e piccole soddisfazioni terza fatica di Bologna violenta (progetto musicale dietro al quale si cela il polistrumentista Nicola Manzan), pubblicata da Wallace records e Dischi Bervisti e distribuito da Audioglobe, si presenta con un motto: “Le grandi utopie che muovono il mondo e l’animo umano, sono ridicolizzate dalla sensazione che tutto sommato son le piccole soddisfazioni di ogni giorno a rendere la nostra vita migliore”.
All’interno di questo clame co-esistono ventuno brani, in cui la voce è poco più che il pizzico di sale di un condimento strumentale spontaneo, concitato e altamente rumoroso, che già nei singoli titoli delle tracce rivela il suo essere lisergico, il bisogno di urlare un sonoro vaffanculo al cielo.
Dal punto di vista strettamente musicale, il disco viene aperto con Incipit dall’ingessato discorso di fine anno di un vecchio Presidente della Repubblica e, per i successivi trenta minuti, oscilla da un hardcore-punk anni ottanta, vero leitmotiv di tutte le tracce, a cori aulici, canti tradizionali, componimenti per orchestre da camera e urla agghiaccianti, terminando con un requiem di archi dal titolo Finale – Con rassegnazione. Nel mezzo tra gli altri brani una cover molto personale dei CCCP Valium Tavor Serenase, Intermezzo l’unico pezzo dell’album privo di interferenze hardcore e Le armi in fondo al mare il migliore dei ventuno.
Utopie e piccole soddisfazioni è uno di quei dischi che mette addosso la voglia di affaticare oltre misura i polmoni o almeno le corde vocali, il che non lo inserisce per direttissima tra i miei preferiti, o almeno non ne fa un disco che ascolterei quotidianamente, ma senza dubbio in tutto il suo essere disturbato, manifesta un sentimento di espulsione della rabbia interiore fagocitata da archi, percussioni, distorsioni e cannibalizzazioni vocali sinistramente piacevole.
E musicalmente si devono avere le contro-palle per fare un disco con questi intenti così ben riuscito.
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