Non mi accade molto spesso di visitare la Biblioteca dell'Archiginnasio, l'ultima volta mi capitò di passarci durante la stesura del racconto "Le coincidenze di un Agosto", ma tutte le volte che ci vado trovo sempre qualcosa di mirabile, qualcosa che riesce a stupirmi e a farmi essere grato della visita. Il gancio in questa occasione mi è stato offerto dalla presenza nella straordinaria sala "Stabat mater" dello scrittore spagnolo Ildefonso Falcones, avvocato e autore del bestseller La cattedrale del mare e, di ultima uscita, de La Mano di Fatima, entrambi pubblicati in Italia da Longanesi.
Appensantita anche dal contesto del luogo, l'iniziale aria formale dell'incontro, introdotto e moderato dalla lucidità critica dello scrittore Bruno Arpaia (e accompagnato da un'eccezionale interprete di cui purtroppo non so il nome), è stata letteralmente spazzata via in meno di dieci minuti, dalla spontaneità dell'ospite catalano e dai racconti sempre più personali del suo vissuto intrecciati alle passeggiate fatte nei meandri delle sue due opere, con particolare luce sull'ultima nata.
Questo secondo romanzo, che essendo anch'esso un romanzo storico ricalca almeno in tal senso il primo lavoro di Falcones, risulta poi essere abbastanza differente soprattutto nella genesi e realizzazione dei personaggi intorno ai quali per diretta conseguenza si innescano vicende, che assecondando la loro stessa inclinazione creano situazioni di tutt'altra natura. Ad esempio i due protagonisti Arnau ed Hernando, rispettivamente del primo e del secondo libro, divergono grandemente l'uno dall'altro e se la risposta di Arnau alle sollecitazioni esterne è concretizzata nel suo subire le pressioni, in uno stato di semi-passività, quella di Hernando è di buttarsi a capofitto incarnando un idealismo quasi estremo nel suo essere tanto attivo. Va da sé che non mutano lo spessore degli intrecci, che anzi ne La mano di Fatima sono contrassegnati dai bianchi e neri dei contrari costantemente contrapposti.
Lo stesso Hernando si porta addosso, in quanto figlio di una morisca (cioè di una donna musulmana iberica convertita a forza al Cristianesimo) e di un prete cattolico, il contrasto evidente che spinge l'intreccio delle relazioni del libro.
L'ambientazione si svolge nell'intricato periodo di lotte civili e religiose che sconvolsero la Spagna del Siglo de Oror, per intenderci, quello durante il quale i moriscos, si ribellarono alle autorità cattoliche cercando aiuto anche presso gli altri territori di lingua musulmana e, in questo ritratto, lo spaccato storico risulta verosimile, appagante e sempre funzionale alla vicenda, come del resto tende a precisare lo stesso autore quando afferma che lui non si ritiene esattamente un romanziere storico, visto il suo ricercare nella storia solo "brevi" parentesi per lui piacevoli, all'interno delle quali muovere poi i fili dei suoi libri.
La ricchezza insita nel contrasto è quindi il risultato finale dell'incontro con Falcones, del resto come dimostra la natura della sessualità del passato, tanto libertina nei costumi del mondo arabo quanto chiusa in quelli del mondo cattolico e ben proposta dalle due spose del protagonista all'interno del libro, quando due realtà si parlano, i ruoli di allievo e di maestro finiscono per non essere mai chiari e forse il delinearne i confini risulta essere un esercizio superfluo.
A presto e buona lettura.
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