“Il sogno segreto dei corvi di Orvieto
è mettere a morte i corvi di Orte”
Toti Scialoja
Se c’è una cosa non particolarmente ganza nel lavorare la sera, è senza dubbio il non riuscire a trovare (se non raramente) il tempo per dedicarmi agli incontri con gli autori. Nello specifico, però, svolgendosi il mio lavoro in un circolo culturale mi consente, in qualche circostanza, di poter appagare il bisogno di attenzioni di questa rubrica, troppo spesso lasciata in disparte.
Questa sera sotto un magnifico cielo settembrino ritagliato sul cortile del CostArena, è stato presentato Vanvere. Parodie, giochi letterari, invenzioni di parole scritto dalla filologa romanza Monica Longobardi con la commistione di contributi creativi di vari autori ed edito dalla Carocci editore.
Che fosse una presentazione sui generis lo si è capito da subito grazie all’esilarante apertura di tre membri (Maurizio Tonelli, Patrizia Angelone, e Sebastiano Spada) della Compagnia TentTeatro (che ormai son di casa e di bottega al CostArena) che hanno inscenato Acqua minerale, una brevissima pièce teatrale di Achille Campanile, e, giocando teatralmente sull’ambiguità della lingua italiana e sulle ambivalenze linguistiche della parola “naturale”, hanno introdotto il midollo intorno a cui è stato costruito l’excursus del libro, la nostra lingua come meraviglia ludica.
Lo stesso titolo, Vanvere, che inizialmente avrebbe potuto essere “Saldate il soldato Ryan” dal titolo di una recensione scritta da uno studente dell’autrice poi inserita nel libro, tende in questo suo essere così neutro, un sostantivo che indica tutto ma senza poi esprimere nulla, mettendo in crisi la connotazione significato/significante.
Del resto di giocose vanvere poetiche, metalinguistiche e ben assortite si son dilettate le tre presenze sul palco, Raffaele Riccio (moderatore della serata), Monica Longobardi (l’autrice) e Mario Sucich (attore) che tra ghiribizzi, letture e scambi continui, hanno animato un libro che affrontando fin nelle radici semantiche la lingua italiana, avrebbe potuto correre il rischio dell’ampollosità (rischio che, a dir la verità, mi pare sin dal testo superato brillantemente dalle scelte dell’autrice) e hanno creato un’atmosfera piacevole e ridancianamente contagiosa e conviviale.
Colonna sonora, e condimento essenziale di ogni evento ben strutturato, la musica sorniona del disco 1974 di Paolo Conte.
Colonna sonora, e condimento essenziale di ogni evento ben strutturato, la musica sorniona del disco 1974 di Paolo Conte.
Una serata perfetta, appena ventosa, che ha offerto una sorta di varietà d’altri tempi, con quell’aria un po’ scanzonata anche nel trattare argomenti impegnati, ma mai culturalmente avvilente come pare essere fin troppo spesso la leggerezza sub-demenziale di questi nostri giorni. Singolarmente alla fine di quest’aria morbida non è seguita l’uggia del silenzio, ma piuttosto il sorriso della condivisione di qualcosa di bello.
A presto e buona lettura!
Ps. Purtroppo non posso mostrarvi la meravigliosa interpretazione offerta dall'abilità artistica di Mario Sucich, ma consoliamoci pure con il buon Proietti.
Ps. Purtroppo non posso mostrarvi la meravigliosa interpretazione offerta dall'abilità artistica di Mario Sucich, ma consoliamoci pure con il buon Proietti.
Il Lonfo poesia di meta-semantica di Fosco Maraini.
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