"Gaza è un malato terminale infinito"
Quali siano i retroscena vissuti da un qualunque reportage giornalistico, sono di facile immaginazione, ma poter conoscere con molta più franchezza le avventure umane che si celano dietro le tre/diecimila battute spazi inclusi di un articolo, non può essere solo declinato come un semplice gioco atto a soddisfare la curiosità.
Nella serata di ieri i locali della COOP Ambasciatori hanno ospitato la giornalista Stella Pende, autrice del libro “Confessione reporter. Quello che non ho mai scritto” edito da Ponte alle grazie, un lavoro che non è solo una raccolta di circa quindici anni di viaggi in luoghi di dolore, di guerra o per dirla con una sola parola di sofferenza, ma soprattutto un aneddotico, generoso, diario di appunti che precedono e seguono (in qualche caso anche di alcuni anni) gli articoli correlati, fulcro dell’effettivo reportage. Questo taglio concettuale unitamente alla scelta narrativa operata dall’autrice, lascia trasparire un quadro che da semplici spettatori del dolore ci muta in testimoni dello stesso.
Due Giovanna hanno accompagnato questa interessante presentazione: la dottoressa Giovanna Gragnaffini e l’ex ministro Giovanna Melandri, che hanno entrambe manifestato genuino entusiasmo per questo accurato e complesso lavoro editoriale, che è parso rappresentare per l’autrice anche una sorta di catarsi benefica, un modo forse per liberarsi dalla visione dell’orrore “offerto” dal peggio che l’essere umano può dare di sé. Una restituzione di se stessi che proprio grazie alla testimonianza e al messaggio implicito su cui si fonda, cioè la possibilità di “poterla raccontare”, incarna l’essenza stessa della vita.
“Noi giornalisti di guerra siamo tranquilli
solo quando siamo seduti con il biglietto in mano
all’aereoporto, che è una sorta di casa”
La pregevolezza di questo lavoro è nel suo mescolare le "piccole storie" che compongono il quotidiano, ai fatti, alle notizie e agli avvenimenti “puri”, anche se, come tiene a precisare l’autrice stessa: “non esistono grandi storie e piccole storie, come non esistono addetti ai lavori di serie B solo per il loro essere dietro le quinte. Tutto è alla pari, tutto è essenziale dagli stringer che agevolano sul territorio il lavoro dei giornalisti, fino ai fotografi che sono i veri pionieri dei reportage”.
Quello che colpisce di Stella Pende è la sua umanità, che si intravede tanto nel registro narrativo, quanto nel suo dedicarsi a tutte le creature a lei prossime, che incontra nei suoi viaggi.
“Perché non dobbiamo ascoltare anche le voci dei pirati?” ci domanda retoricamente alla fine, un “restiamo umani” tutto al femminile.
A presto e buona lettura.
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