Conobbi
questo mirabile progetto in una delle mie, sempre più rare ormai,
serate dedicate alla musica dal vivo. Non ero lì per lui, spalla
dell'evento, ma la bellezza del concerto si concentrò principalmente
nell'essermi imbattuto in una simile scoperta.
Se dovessi impegnarmi a cercare una parola con lo scopo di identificare How to prevent a cold di Persian pelican
è: "eleganza", un esercizio, quello della ricerca di questa specifica
virtù, così ben cesellato da non sembrar nemmeno una ricerca, ma una
naturale espressione vitale, o meglio un naturale esprimersi della verve
creativa, di Andrea Pulcini, incarnazione del progetto. Le sue
interazioni musicali sono costruite su arpeggi leggeri e armonie soffuse
come nella traccia di apertura, Everyone with our past, che di rado cedono il passo a linee ritmiche più definite e martellanti, There's no for ever for us,
e si intrecciano a linee elettroniche di accennata sinuosità e a una
voce che è a metà tra voce narrante e voce solista in canto, tanto è
delicata e melodiosa insieme. E' un disco che parla di amore, a volte
ossessivo a volte destinato ormai a finire o appena finito, ma anche di
surrealtà, e di miscelazione dei due campi, condito da un'inquietudine
da storie di cronaca nera senza però la natura didascalica da articolo
di giornale.
La meraviglia spesso è talmente vicina, che più che il
piacere dell'essergli accanto, si prova il fastidio dell'esserne
accecati. Questo sembra sussurrare alle mie orecchie, prima che si
spengano i violini e gli accordi di Dorothy e continui a riecheggiarmi "Your Grace, you were a keen desire. A lullaby called Dorothy".
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!
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