Titolo originale: D'oro e del Rosso. Il libro delle venture
Autore: Roberto Colombari
Anno 2011
Edizione: Pendragon
Pagine: 316 + 60 di note e bibliografia
"Ora però l'economia del racconto
richiede un nuovo salto in avanti.
Economia in senso proprio
come arte di amministrare le parole,
ed economia in senso lato
che ordina vengano usate con parsimonia."
Che alcuni viaggi abbiano la fortuna di diventare libri è abbastanza vero, diversamente non esiste un libro, che meriti questo nome, che non sia anche un viaggio.
D'oro e del rosso, è la cronaca delle venture, che sta per avventure e sventure insieme, di quegli anni turbolenti che incuneati nel Medioevo passarono alla storia, tra gli altri avvenimenti, per la presenza di due papi, per un confronto tra un imperatore scomunicato e una potente e nobile donna, Matilde di Canossa e per l'inizio delle Crociate. In questa macrostoria si confondono e si intrecciano le microstorie di quegli uomini che vissero quegli anni a corpo morto, con l'audacia di chi vive il presente per conquistare il giorno dopo. Questo libro è quindi a ben diritto molto più di un viaggio, è una vera e propria proiezione su un altrove già vissuto, in cui non si può essere altro che spettatori consapevoli che l'oro e il rosso saranno davvero i colori meglio rappresentati non solo attraverso gli stendardi, e lo fa con un linguaggio perfetto, una scelta dei dettagli che è propria solo di una letteratura fin troppo spesso distante dal mondo contemporaneo.
La microstoria vede protagoniste due famiglie i Radici e i Dalle Haste, la loro ordalia di sangue, la liturgia della loro faida, il segno di un quotidiano violento, spregiudicato, in cui le passioni erano padroni assolute di alcune vite, le quali però in questo turbine finivano per coinvolgere loro malgrado anche tutto il resto.
La capacità dell'autore è nel raccontare tutto questo con la forza propria del romanzo storico, e non c'è appesantimento da dramma, ma incanto nella storia, che nella voce del cronista narrante rivive in tutto il suo esaurir pazienza, in tutto il suo estenuare, in ogni più piccola meraviglia per ciò che è stato e da cui tutto l'oggi deriva.
Quando infine si arriverà alla conclusione ci saranno due pensieri ad accompagnare (o per lo meno due son stati quelli che hanno accompagnato me): il primo è quel "... Per questo io se fossi Dio, preferirei il secolo passato, se fossi Dio rimpiangerei il furore antico, dove si odiava, e poi si amava, e si ammazzava il nemico" di gaberiana memoria; il secondo è che in tutto questo sangue, in questa mattanza umana e di passioni, non si potrà far a meno di notare quale sia da sempre in ogni vita il peso dell'amore.
Buona lettura.
Ps. Siete invitati alla presentazione del libro che si terrà al Caffè Teatro CostArena mercoledì 18 Aprile!
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