"La descrizione ti porta dove non sei
ti mette addosso una vita che non hai"
Siccome l'andare a seguire presentazioni di asfissiante attualità mi ha un po' stancato, ho deciso che per un po' salvo il perdermi occasioni veramente importanti, ricercherò con più frequenza presentazioni di libri di narrativa contemporanea. Questo è quello che ho fatto mercoledì partecipando all'evento organizzato in casa Melbookstore, che tra l'altro non avevo mai visitato in veste di Signor Lettereegiorni. Alla suddetta motivazione e quindi alla scelta precisa che mi ha spinto proprio lì ieri, ne aggiungo altre tre: la prima è che il titolo del libro Le descrizioni (Perdisa Pop 2011) richiama l'importanza della degustazione e a pelle ci era piaciuto, come ancora ci piace; il secondo è che l'autore è in realtà un'autrice, Monica Dall'Olio, ed essendo un po' troppo assente su queste pagine la presenza femminile, ho voluto cogliere l'occasione per cominciare a rimediare; il terzo e ultimo era legato alla partecipazione con il ruolo d'intervistatore al patrono di Lama e Trama, Luigi Bernardi, la cui presenza mi lasciava assolutamente ben sperare sulla mia scelta.
Le descrizioni è innanzitutto la storia, raccontata in prima persona, di una bambina, Mika, che impara a scrivere. Lo sguardo del libro e l'avvicinamento alle parole è puro, caratterizzato da un'immediatezza descrittiva che nel modo in cui si scrivono le parole racconta il mondo intorno per come si rappresenta quotidianamente. La vicenda comincia nel 1969 perché è quello l'anno in cui la protagonista rende la sua penna Pelikan un'appendice delle sue dita, appuntando, archiviando registrando tutto, ogni singola parola nuova e sconosciuta. E' un romanzo in tre parti la prima concide con Piazza Fontana, con l'incontro con l'alfabeto, con la percezione che la scrittura non è essenzialmente evasione, ma anzi proiezione, non è cioè una fuga dalle cose, ma è un entrarci dentro con consapevolezza. Nella seconda Mika è in fase di perfezionamento di quello che è stato il suo esercizio, la sua dedizione al linguaggio, in questa parte prende vita, infatti, la sua prima vera descrizione la sigla del telefilm Nero Wolfe, la prima di una serie di altre. Nell'ultima le descrizioni spariscono e il mondo intorno prende forza, consistenza e nelle parole trova una lettura, una via alla sua comprensione.
Dalle letture estratte dall'autrice durante la presentazione, il testo è apparso affilato, preciso, teso a mostrare quel che era rappresentato, non quel che sembrava poterci essere, privo di orpelli non necessari, è il prodotto di una sottrazione creativa che affina tutto il suo significato nel nucleo stesso delle parole e nel loro accostamento.
E' una presentazione che ha il "sapore" di un'autopsia, con i tre specialisti (il terzo era Antonio Paolacci della direzione editoriale di Perdisa) che nel sezionare il corpo del libro e nell'esporre le sue interiora ai dottorandi presenti, lasciano volti silenziosi, attenti, impressionati e questa essenza specifica mi ha mosso dentro una sensazione e una domanda. La sensazione è l'incanto di fronte al mondo maestoso delle parole. Il dubbio, invece, se è davvero un'esigenza dello scittore il voler fuggire dalla propria miseria di uomo o è invece la curiosità sincera, esplosiva, per la scoperta del mondo intorno.
A presto e buona lettura.
Nessun commento:
Posta un commento
Commentate, ché solo nello scambio c'è ricchezza per entrambi.