Già altre volte ero passato davanti alla libreria Trame, anche perché via Goito è una di quelle strade secondarie che collegano due delle mie personalissime arterie principali Bolognesi, via Oberdan a via dell'Indipendenza, questa volta però ho avuto una buona occasione per fermarmi a gustare un po' questo luogo così raccolto, che si annida proprio nel centro storico: L'odore acido di quei giorni edito da Laurana, che ho scoperto essere niente popò di meno che la linea narrativa della Melampo, scritto dall'autore Paolo Grugni, non certo un esordiente, visti i precedenti quattro titoli.
La presentazione di questo pomeriggio sabatino è stata introdotta da due personalità profondamente differenti: lo scrittore Andrea Villani e la storica Cinzia Venturoli; le quali attraverso la provocatorietà ed effervescenza del primo accompagnata dall'abilità divulgativa della seconda, hanno definito il romanzo in questione un racconto della realtà assolutamente ben fatto. Il Grugni infatti, servendosi dell'escamotage narrativo del noir, risulta essere, grazie a una storia convincente ricca di coup de théâtre, più accattivante agli occhi del lettore e ampiamente capace di destreggiarsi tra le tortuosità dei delicati aspetti della storia contemporanea/modernità, che risulterebbero molto più complessi per qualsiasi opera saggistica; il naturale vantaggio della "fiction", per intenderci, di cui l'autore si avvale sapientemente.
In questo libro si possono identificare tre direttrici perfettamente amalgamate e assolutamente inscindibili: il giallo, ovvero la storia vera e propria, che racconta delle donne trovate morte a causa di una ferita d'arma da fuoco nella vagina e della "partita a scacchi" giocata tra il protagonista e il serial killer; la trama animalista, che principalmente ruota intorno al protagonista, ex chirurgo che incriminato di favoreggiamento perde il lavoro, la moglie e i figli, dopo aver prestato soccorso ad un sindacalista dei Nuclei Armati Proletari, Alessandro Bellezza (cognome che sotto la sua naturale veste estetico/culturale ha avuto una sua certa importanza all'interno dell'introduzione del Villani), e al suo lavoro di raccoglitore di cadaveri degli animali ammazzati dagli automobilisti; in ultimo la narrazione di quell'anno essenziale nella storia della democrazia italiana, il '77, che per questa volta non ha come focus il terrorismo, ma piuttosto l'essenza affollata di cui parlava Gaber, anno di violenza, sì, ma più che altro di totale intensità partecipativa.
Ed è con questa vivacità scrittoria e minuziosa intensità storica, che Grugni dipinge e scrive il suo romanzo e quel '77 da lui vissuto ma, allora ragazzino, non pienamente compreso nella sua importanza. Così questo libro diventa per l'autore una specie di catarsi con cui recuperare la sua disattenzione giovanile verso "l'anno in cui l'Italia chiuse violentemente la stagione della possibilità democratica" come lui stesso ha precisato.
Una serie di omicidi, un'indagine, un protagonista con nessuna voglia di arrendersi, la cronaca da bollettino di guerra di radio Alice e la sua musica, le bombe, l'escandescenza studentesca e la violenza di uno stato intransigente, sono l'anima di questo romanzo, L'odore acido di quei giorni, che racconta lisergicamente un'Italia esplosiva, violenta e non ancora assopita, che si affaccia appena sbirciandolo su un futuro pesante come il piombo, il nostro, in cui "tu nella vita comandi fino a quando, hai stretto in mano il tuo telecomando" è tristemente molto più che il semplice verso di una molto conosciuta canzonetta italiana.
A presto e buona lettura!
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