Ci sono nomi sicuramente più parlanti di altri e probabilmente è questo il caso, del resto Ronin è un nome decisamente gagliardo, non foss'altro per l'immagine romantica di uomini che al posto di scegliere la via del samurai quindi degli uomini d'arme fedeli a un uomo, percorrevano quella ben diversa, rinnegata, dei guerrieri erranti legati alla loro morale personale, al loro credo (foss'anche dettata dal denaro).
Guerrieri onorevoli e senza padrone, dunque è il messaggio che si cela dietro il nome di questo storico gruppo musicale tutto italiano. E poi c'è il loro ultimo disco Fenice. Mixato da Tommaso Colliva con la partecipazione di Enrico Gabrielli (Calibro 35) e Nicola Manzan (Bologna violenta), Fenice, è più di un disco, è una serie di cortometraggi.
Anche questo è un nome parlante, difatti a simulare la suprema qualità del mitologico pennuto, è un nuovo ritorno a due anni dall'uscita dell'album L'ultimo re. Ed è un ritorno che cela un'infinità di scoperte, di reinvenzioni, di sperimentazioni e lascia incantati e coinvolti. La musica è la Sua maestà di questa bellissima realizzazione e della voce non resta che un puntino luminosissimo lassù in alto con la voce di Emma Tricca nel brano It was a very good year, che sembra l'apoteosi di una serata dei ruggenti Anni Venti, prima che due energumeni con cappello a falda stretta e un mitra Thompson a testa facciano irruzione, riempiendo di piombo ogni singolo uomo presente in sala.
Anche questo è un nome parlante, difatti a simulare la suprema qualità del mitologico pennuto, è un nuovo ritorno a due anni dall'uscita dell'album L'ultimo re. Ed è un ritorno che cela un'infinità di scoperte, di reinvenzioni, di sperimentazioni e lascia incantati e coinvolti. La musica è la Sua maestà di questa bellissima realizzazione e della voce non resta che un puntino luminosissimo lassù in alto con la voce di Emma Tricca nel brano It was a very good year, che sembra l'apoteosi di una serata dei ruggenti Anni Venti, prima che due energumeni con cappello a falda stretta e un mitra Thompson a testa facciano irruzione, riempiendo di piombo ogni singolo uomo presente in sala.
Quarantuno minuti, tanto ci mettono i quattro rinnegati armati di due chitarre, un basso e una batteria a raccontare un viaggio a volo d'uccello che dalla sublime apertura western psichedelica del trittico Spade, Benevento e Selce, sorvola la tribalità ritmica, in due parti prima western poi jazz noir, di Jambiya per raggiungere la pacata tranquillità di Fenice e il punto luce di fine primo tempo di It was a very good year. Il secondo tempo musicale è aperto da Gentlemen only una brevissima incursione swing, prima di un altro pezzo davanti al quale potersi inchinare, Nord che restituisce un iniziale sapore western al disco pur nelle incursioni ambient. Se la chiusura offerta da Conjure man dovesse non bastare o lasciare con l'amaro in bocca, sarà il titolo del disco a riportare speranza nel cuore. La Fenice non muore mai.
Buon ascolto!
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