Autore: John Ernst Steinbeck Jr.
Anno 2002
Edizione: BUR La scala
Pagine: 194
"Gli uomini o sono bambini o sono vecchi: non c'è via di mezzo. Ma nella loro irragionevolezza e irresponasabilità infantili c'è qualche volta una certa grandezza. Devi sapere che la maggior parte delle donne mi risultano essere più intelligenti, ma le donne crescono, le donne affrontano la realtà... e le donne sono assai di rado dotate di grandezza."
Alcuni autori ritengo provino un piacere perverso nel perculare i loro lettori, tanto più quando questa canzonatura non è immediatamente percepibile, se non istintivamente.
Il breve regno di Pipino IV è un romanzo di finzioni, come una favola per adulti leggera di meno di duecento pagine che ha come scopo principale quello di intrattenere il lettore, di farlo sorridere delle vicende umane di un Borghese piccolo piccolo di monicelliana memoria ancora non disumanizzato, anzi attento, civile, mansueto e solo appena strambo. E mentre la storia prende corpo, tutt'intorno al protagonista del tutto passivo si sviluppa la vicenda, fino a fargli subire una sorte per niente desiderata. Ed è qui che mi fermerei perché il romanzo è in realtà composto da due parti, una prima parte che è una specie di incubazione e una seconda parte che è una trasformazione, fino a un ritorno al principio con qualche margine di differenza.
Quando ho cominciato a leggerlo ho sentito costantemente il peso addosso dell'ampollosità della prima parte, tanto che più volte mi è venuta voglia di chiudere tutto e smetterla lì. Poi ho scelto di turarmi il naso, volevo vedere dove sarebbe andato a parare. Ed il libro da un certo punto in poi mi è esploso in mano.
Che il mondo in cui viviamo sia non solo pieno di, ma spesso addirittura formulato sulle, contraddizioni è cosa nota, quello che non sempre è percepibile è che non serve necessariamente una grande storia per impartire un'ottima lezione. E la lezione qui coincide con il perculamento di cui dicevo all'inizio, perché in tutta la vicenda che tratteggia i caratteri grotteschi e surreali della democrazia amministrata da uomini con interessi per tutto meno che per la democrazia stessa, per quanto ci si inganni noi non siamo il protagonista, noi non siamo Pipino con la sua presa di coscienza improvvisa che accende senza indugio il suo senso di assoluta responsabilità, noi siamo gli altri.
Quelli che sono disposti a cambiare tutto purché non cambi mai nulla.
Buona lettura!
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