“Ma godere in santa pace,
fino a dove il cielo si abbandona
all’arancione.
A te che contieni e decidi
dove inizia e finisce il mare,
a te che deciderai di me”
Santa pace
Matteo Toni e Giulio
Martinelli, rispettivamente: qualche miriade di chitarre cambiate per tutto
il disco, loop station e voce l’uno e batteria l’altro, li avevo già incontrati
dal vivo la scorsa primavera al TPO di Bologna, così quando mi è capitato tra
le mani Santa pace, ultimo loro disco pubblicato in combo da La Fabbrica e Still Fizzy, non ci ho pensato molto prima di ascoltarlo e
recensirlo.
E già
dall’inizio, proprio dalle prime note, sentirete una vocina dentro dirvi che a dedicargli
il vostro tempo state facendo la cosa giusta. L’entrée è data una potente onda elettrica, cinque secondi circa,
prima dell’esplosione ritmica che pervade il racconto allucinato e surreale di Bruce Lee vs. Karim Abdul Jabbar, dove
c’è un matto che per raggiungere l’amata deve attraversare l’autostrada
longitudinalmente e decide di farlo correndo, sempre che la mia lettura sia
accurata e non abbia bevuto più quarti di vino del necessario.
La
caratteristica che però mi ha colpito di più è che questi due pregevolissimi
artisti, delineano brillantemente un disco usando solo tre fili conduttori: la
voce delicata quanto carica di Matteo, la sapiente batteria di Giulio e la
scelta stilistica di dipanare, con ognuna delle sue dieci tracce, una breve
quanto autoconclusiva storia – eccezion fatta per la tempesta raccontata con le
due voci di Alle quattro del pomeriggio e Alle quattro del mattino -, pennellata
in forma di monologo o di elucubrazione del protagonista. Difatti il ritmo
melodico e la metrica dei testi sono invece in costante mutamento e si spingono
dalla new wave al folk rock, attraversano un pout porri cantautorale per tuffarsi in ritmi rock steady. La
poesia dei testi, più che nella composizione è nell’uso delle parole, in quel richiamare
nitide immagini che continuamente nel loro registro alternano le sensazioni
guida, lasciando: seduti e disperati - Isola
nera -, teneramente, perdutamente, innamorati - I provinciali di nuoto - o nostalgicamente ammutoliti – Acqua del fiume.
Santa pace, è energia e morbidezza in costante e ben miscelata oscillazione, dove voce, chitarre e percussioni trovano sinergie di notevolissimo spessore e creano brevi, limpide ed essenziali esperienze musicali. Il godere è un attimo, sembra raccontare il disco, e lo fa prima che con ognuna delle tracce da cui è così variabilmente condito, con quel titolo, Santa pace, che ha tutta l’aria di essere sia uno stato dell’anima, che un’esclamazione di stupore.
Incantevole stupore. Meraviglioso
stupore.
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