Forse non essenzialmente io, ma io

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Bologna (itinerante), Bo, Italy
Nato a Taranto il 6 maggio nel segno del Toro. Il Giallo del collettivo Shingo Tamai, cialtrone poliedrico, dilettante eclettico, onnivoro relazionale, sempre in cerca di piaceri, di vezzi, di spunti e di guerre perse in partenza. L'idea di comparire in questi termini sulla rete è nata da un brainstorming con un amico, Leonardo Chiantini, qualunque fortuna possa avere il suo primo "quaderno di appunti" virtuale, è a lui che vanno i suoi ringraziamenti.
Benvenuti e buona lettura.
Ps. Aggiungetemi su Facebook e, con lo pseudonimo andrelebrogge, su Twitter

mercoledì 31 ottobre 2012

Soundmagazine.it - Matteo Toni - Santa pace

Ma godere in santa pace,
fino a dove il cielo si abbandona all’arancione.
A te che contieni e decidi
dove inizia e finisce il mare,
a te che deciderai di me
Santa pace

Matteo Toni e Giulio Martinelli, rispettivamente: qualche miriade di chitarre cambiate per tutto il disco, loop station e voce l’uno e batteria l’altro, li avevo già incontrati dal vivo la scorsa primavera al TPO di Bologna, così quando mi è capitato tra le mani Santa pace, ultimo loro disco pubblicato in combo da La Fabbrica e Still Fizzy, non ci ho pensato molto prima di ascoltarlo e recensirlo.
E già dall’inizio, proprio dalle prime note, sentirete una vocina dentro dirvi che a dedicargli il vostro tempo state facendo la cosa giusta. L’entrée è data una potente onda elettrica, cinque secondi circa, prima dell’esplosione ritmica che pervade il racconto allucinato e surreale di Bruce Lee vs. Karim Abdul Jabbar, dove c’è un matto che per raggiungere l’amata deve attraversare l’autostrada longitudinalmente e decide di farlo correndo, sempre che la mia lettura sia accurata e non abbia bevuto più quarti di vino del necessario.
La caratteristica che però mi ha colpito di più è che questi due pregevolissimi artisti, delineano brillantemente un disco usando solo tre fili conduttori: la voce delicata quanto carica di Matteo, la sapiente batteria di Giulio e la scelta stilistica di dipanare, con ognuna delle sue dieci tracce, una breve quanto autoconclusiva storia – eccezion fatta per la tempesta raccontata con le due voci di Alle quattro del pomeriggio e Alle quattro del mattino -, pennellata in forma di monologo o di elucubrazione del protagonista. Difatti il ritmo melodico e la metrica dei testi sono invece in costante mutamento e si spingono dalla new wave al folk rock, attraversano un pout porri cantautorale per tuffarsi in ritmi rock steady. La poesia dei testi, più che nella composizione è nell’uso delle parole, in quel richiamare nitide immagini che continuamente nel loro registro alternano le sensazioni guida, lasciando: seduti e disperati - Isola nera -, teneramente, perdutamente, innamorati - I provinciali di nuoto - o nostalgicamente ammutoliti – Acqua del fiume.

Santa pace, è energia e morbidezza in costante e ben miscelata oscillazione, dove voce, chitarre e percussioni trovano sinergie di notevolissimo spessore e creano brevi, limpide ed essenziali esperienze musicali. Il godere è un attimo, sembra raccontare il disco, e lo fa prima che con ognuna delle tracce da cui è così variabilmente condito, con quel titolo, Santa pace, che ha tutta l’aria di essere sia uno stato dell’anima, che un’esclamazione di stupore.
Incantevole stupore. Meraviglioso stupore.
Buon ascolto!


Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!

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