“Selezionare eventuale altro
prodotto o
ritirare il resto.
Grazie e arrivederci!!!”
… dalla terza di
copertina
Etnia Supersantos, come quella di cui fa parte tutta quella
genia, che ha visto calciare, volare e bucare - e poi ha ripetuto all’attivo:
calciando, facendo volare e bucando - quella sfera a spicchi arancioni di
duecessentogrammiepocopiù chiusa in un sacchetto reticolato di plastica, così
si chiamano questi miei conterroni
pugliesi e L’abominevole uomo delle
fogne, è il loro ultimo disco
pubblicato dai tipi di Adesiva discografica ed Edel.
L’album, è un concentrato
genuino e gagliardo di generi musicali viaggianti tra il rocksteady e la disco
’70, tutti al servizio di una fine dicitura attenta al sociale. Questi ragazzi
dimostrano di saper bene cosa significhi tirare avanti in questi tempi di crisi
e lo fanno gridando, pane al pane e vino al vino, tutto il loro “io non ci sto”
[cit. nec.] già con la loro prima traccia: La
jungla, le scimmie, le liane, dove è messa in evidenza la prepotenza delle scimmie
(si parla di oranghi) e la necessità di trovare un patrono cui aggrapparsi, da
cui farsi difendere. Ma è un sottile teatro umano, quello in cui si spingono
sempre più approfonditamente e, con sempre costante fermezza nei sessanta
minuti di disco. Sfilano in ordine sparso, tra gli altri: le importanti
attenzioni sportive di una Nazione (naturalmente una a caso, ogni riferimento a
persone e luoghi è sempre puramente casualen.d.r.) e il suo
bisogno di vincere la noia attraverso il casalingo tubo catodico; il problema
di come pagare la droga ricercando la felicità; quello di sentirsi vivi anche
solo parlando un secondo con Topo Diggei;
la difficoltà di un uomo che vorrebbe desiderarla di più, ma non
trovando nel mondo un aiuto degno, per necessità esistenziali, trova altri
rimedi, sfogando così le sue pulsioni. Ma ogni parte di questo sipario, nasce
solo per L’abominevole uomo delle fogne,
che fa un po’ da maestoso andante dell’album, oltre che da titolo, una musica
giostresca dall’aria nostalgica a raccontare la storia di viaggi che mai
riusciremo a fare e amicizie e relazioni che tra noi non nasceranno mai e
parafrasando il testo:
“magari noi non
ci incontreremo mai
ma i nostri
rottami sì mentre van giù
per lo scolo
dello scarico…”
Andata, quindi, e ritorno.
Gli Etnia Supersantos con
quattordici tracce ri-modellano a più riprese la parola leggerezza, dimostrando
adattamenti musicali e qualità artistiche piacevolissime, perfettamente in
tema, perfettamente narranti. Una risata
vi seppellirà dissero i saggi, via, potrebbe andare peggio “attento ancora inciampi e caschi giù”, potrebbero
rispondergli questi ragazzi.
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Soundmagazine e Valentina per l'opportunità.
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