Titolo originale: Ancien malade des hopitaux de Paris
Autore: Daniel Pennac
Anno 2005
Edizione: Universale economica Feltrinelli
Pagine: 77
Autore: Daniel Pennac
Anno 2005
Edizione: Universale economica Feltrinelli
Pagine: 77
Questo libro, che ho sgraffignato da una libreria non mia e con nonchalance ho imbarcato nella mia valigia, parte da ben specifici intendimenti, primo dei quali è che ci sono tante cose che si tramandano di padre in figlio, spesso non bastano i geni o diciamo meglio è solo l'inizio. Non è un caso del resto che molti figli finiscano a fare il mestieri dei padri o le figlie delle madri, o i figli delle mad... vabbè ci siamo capiti.
A ogni modo appunto, il mestiere può essere considerato uno di quei caratteri da considerare recessivi (anche una malattia ereditaria, se vogliamo) e così proprio in risposta a questa tradizione ci viene in soccorso il protagonistadel libro, Gerard Galvan, medico internista, figlio di generazioni di dottori in medicina fin dall'epoca di Moliere, che in questa sua "lunga notte", vive uno dei momenti più cruciali della sua vita, di quelli che meritano il ricordo e una crocetta a promemoria sul calendario.
A ogni modo appunto, il mestiere può essere considerato uno di quei caratteri da considerare recessivi (anche una malattia ereditaria, se vogliamo) e così proprio in risposta a questa tradizione ci viene in soccorso il protagonistadel libro, Gerard Galvan, medico internista, figlio di generazioni di dottori in medicina fin dall'epoca di Moliere, che in questa sua "lunga notte", vive uno dei momenti più cruciali della sua vita, di quelli che meritano il ricordo e una crocetta a promemoria sul calendario.
Come sempre la prosa di Pennac è fulminea, fresca e più di altrove anche sboccacciata.
La piacevolezza stessa degli eventi rocamboleschi, che si susseguono rapidamente per tutta la vicenda, regalano una brillantezza (a tratti esasperante) e una viviacità godibili.
Fermo restando tutto questo, in quest'opera libraria, che ha avuto anche una trasposizione in versione teatrale in cui il buon Neri Marcorè tiene la scena per le redini come protagonista, non c'è la fine sagacia del migliore dei Pennac, è più un gioco, una scelta stilistica di lasciare il lettore sul filo della tensione, con il risultato di arrivare però un po' a stancarlo. Solo un po'.
Fermo restando tutto questo, in quest'opera libraria, che ha avuto anche una trasposizione in versione teatrale in cui il buon Neri Marcorè tiene la scena per le redini come protagonista, non c'è la fine sagacia del migliore dei Pennac, è più un gioco, una scelta stilistica di lasciare il lettore sul filo della tensione, con il risultato di arrivare però un po' a stancarlo. Solo un po'.
Insomma brevità dilettevole sia il suo motto!
Buona lettura.
Nessun commento:
Posta un commento
Commentate, ché solo nello scambio c'è ricchezza per entrambi.