Autore: Amos Oz
Anno 2005
Edizione: Universale Economica Feltrinelli
Pagine: 114
Anno nuovo, vita nuova si direbbe, almeno a giudicare dal fatto che se fino a qualche tempo fa non erano presenti con così grande frequenza miei pareri negativi, ora sembrano, soprattutto ultimamente, abbondare.
D'un tratto nel folto del bosco è un bel libro, almeno finché dalla quarta di copertina, che bisogna ammettere è davvero accattivante, con questo mondo silenzioso, profondamente mutato dalla scomparsa degli animali, non si passa al suo contenuto.
E' innanzitutto evidente che pur avendo come protagonisti due adolescenti, Mati e Maya, questa non è una fiaba scritta per incontrare i gusti dei soli più piccoli, così come è evidente che il lessico narrativo è volutamente non appesantito, per essere più in tema soprattutto con il genere fiabesco, infatti non è in questo che si sostanzia il mio dissapore. Il vero problema è il suo essere buonista (avrei voluto aggiungere anche inutilmente, ma non è il caso di rendere particolarmente acrimonioso il mio scrivere) e se il messaggio del rispetto e il paragone che facilmente si può trovare tra Olocausto e trama (del quale parallelismo mi domando se davvero ci fosse il bisogno) alla fine non tolgono nulla, anzi tutto sommato nel primo caso arricchiscono, son proprio i contenuti a pagare di più il fio. Infatti, da un lato risultano ripetitivi, come se la giustezza di un'affermazione si esprimesse attraverso la reiterazione, dall'altro superficiali attraverso il concetto animali buoni e pacifici contro umani malvagi e aggressivi.
Affiniamo. Che gli animali siano buoni e gli umani malvagi, per quanto pressappochista come affermazione, tutto sommato non mi pare esser troppo distante dal vero, ma che gli animali siano pacifici e gli umani siano aggressivi, diversamente è un bel tuffo nel risibile, visto che sì, non ci sarà cattiveria forse nell'ammazzare un giovane gnu da parte del leone, ma della violenza, che regola con profonda interezza l'ecosistema naturale, meglio non parlare, almeno non in questi termini così assoluti.
Una piccola caduta di stile, per un autore che pur non conoscendo molto (mea culpa, ora pro nobis), dovrebbe essere tra i massimi autori viventi contemporanei.
Buona lettura.
D'un tratto nel folto del bosco è un bel libro, almeno finché dalla quarta di copertina, che bisogna ammettere è davvero accattivante, con questo mondo silenzioso, profondamente mutato dalla scomparsa degli animali, non si passa al suo contenuto.
E' innanzitutto evidente che pur avendo come protagonisti due adolescenti, Mati e Maya, questa non è una fiaba scritta per incontrare i gusti dei soli più piccoli, così come è evidente che il lessico narrativo è volutamente non appesantito, per essere più in tema soprattutto con il genere fiabesco, infatti non è in questo che si sostanzia il mio dissapore. Il vero problema è il suo essere buonista (avrei voluto aggiungere anche inutilmente, ma non è il caso di rendere particolarmente acrimonioso il mio scrivere) e se il messaggio del rispetto e il paragone che facilmente si può trovare tra Olocausto e trama (del quale parallelismo mi domando se davvero ci fosse il bisogno) alla fine non tolgono nulla, anzi tutto sommato nel primo caso arricchiscono, son proprio i contenuti a pagare di più il fio. Infatti, da un lato risultano ripetitivi, come se la giustezza di un'affermazione si esprimesse attraverso la reiterazione, dall'altro superficiali attraverso il concetto animali buoni e pacifici contro umani malvagi e aggressivi.
Affiniamo. Che gli animali siano buoni e gli umani malvagi, per quanto pressappochista come affermazione, tutto sommato non mi pare esser troppo distante dal vero, ma che gli animali siano pacifici e gli umani siano aggressivi, diversamente è un bel tuffo nel risibile, visto che sì, non ci sarà cattiveria forse nell'ammazzare un giovane gnu da parte del leone, ma della violenza, che regola con profonda interezza l'ecosistema naturale, meglio non parlare, almeno non in questi termini così assoluti.
Una piccola caduta di stile, per un autore che pur non conoscendo molto (mea culpa, ora pro nobis), dovrebbe essere tra i massimi autori viventi contemporanei.
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