Mentre su tutti i social italiani, chissà magari anche non-italici, imperversa il lapalissiano mantra righeirano – che non sta a indicare una qualche forma di ragadi – “L’estate sta finendo”, a noi ci è capitato per cena questo disco singolare, ché uno s’aspetta che gli svedesi siano tutti sci e zuppe bollenti di una qualche brodaglia al sapore di Mare del Nord e invece ci si ritrova in qualche spiaggia del sud con quaranta gradi all’ombra e solo nello svegliarsi improvvisamente da una pennichella ci si ricorda che si è arrivati lì con questo Maggiolino giallo decappottabile accompagnato da ‘sti cinque tizi con gli occhi chiari e dalle pelle di un bianco chiarissimo.
Gli Yast, con il loro omonimo album si presentano con questi ritmi disimpegnati tutti ritornelli di chitarre e distorsioni appena accennate e voci maschili che talvolta diventano un colorato falsetto – Believes; I wanna be young; Strangelife - e talvolta di una profondità nero pece – Always on my mind - accompagnate da cori ad alleggerire melodie che nemmeno una piuma. Son bravi questi Yast a raccontare – a raccontarmi - una storia, a far scorrere addosso la calura estiva, tra un tuffo in mare, qualche bacio rubato per aver vinto una scommessa e qualche tavola da surf lasciata ad asciugare al sole e son bravi nell’abbandonare alla suggestione calando la carta dei ricordi – The person i was once.
E così grazie ai ricordi torniamo al pop. Un pop ben fatto, il loro, con una bella amalgama tra voci e suoni e parole, son canzoni facili e piacevoli e accoglienti e vestono bene anche nella nudità di cui si avrebbe bisogno sotto il solleone.
L’estate sta finendo e la recensione a questo disco, uscito in Aprile per i tipi dell'Adrien Recording, avrebbe dovuto aprirla l’estate e non chiuderla, ma forse il suo motto di essere giovani per sempre e di odiare gli stupidi più giovani di noi – Stupid - può funzionare anche a Settembre.
Può funzionare anche se l’armonia generale appare un po’ ripetitiva di traccia in traccia, forse perché è estate e ogni tanto rilassarsi senza aggrottar le sopracciglia, o ondeggiar la testa, va bene e, forse, anche perché un difetto di fabbricazione a volte vuole essere un marchio di fabbrica e ad andar troppo per il sottile si finisce grigi.
Buon ascolto.
Buon ascolto.
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!
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