Forse non essenzialmente io, ma io

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Nato a Taranto il 6 maggio nel segno del Toro. Il Giallo del collettivo Shingo Tamai, cialtrone poliedrico, dilettante eclettico, onnivoro relazionale, sempre in cerca di piaceri, di vezzi, di spunti e di guerre perse in partenza. L'idea di comparire in questi termini sulla rete è nata da un brainstorming con un amico, Leonardo Chiantini, qualunque fortuna possa avere il suo primo "quaderno di appunti" virtuale, è a lui che vanno i suoi ringraziamenti.
Benvenuti e buona lettura.
Ps. Aggiungetemi su Facebook e, con lo pseudonimo andrelebrogge, su Twitter

mercoledì 11 settembre 2013

Soundmagazine.it - Charles Bradley - Victim of love

Fino a questa mattina non sapevo nemmeno chi fosse - e chissà per quanto tempo ancora, senza quel disturbo temporale rappresentato da Facebook, ne avrei ignorato l'esistenza - e già adesso mentre la notte spadroneggia potrei canticchiare con i testi davanti ognuna delle undici tracce del disco.

Charles Bradley, fa passare due anni dal suo primo lavoro, Not time for dreaming, e spara su questi tempi malandati un disco di quelli che ti fanno venire i lacrimoni mentre ti scorrono davanti agli occhi i volti di tutte le grandi voci maschili del soul o per i più fortunati una qualche migliaia di notti d'amore. Victim of love, non è un disco di quelli che nessuno ha mai prodotto, il ritmo, le armonie suonate dalla Menahan street band, son tutti degli spasmodici richiami, l'eco di parole, ritmi e armonie di anni che noi esseri umani dei tempi del click compulsivo possiamo al meglio rimembrare, eppure arriva addosso come un treno e, merito senza dubbio di una voce come quella di Bradley, travolge al primo ascolto, caricandosi a tratti di una sensualità crescente - Let love stand up -, a tratti di un funky coinvolgente - Love bug blues -.
La voce di quest'uomo di sessant'anni - sessantaquattro per la precisione -, soprannominato The screaming eagle of soul, rude al punto da sembrare sfrigolante, dotata di un acuto che per tutto il disco arriva in purezza innalzato da tutta la sua tensione armonica, si apre con un pezzo, Stricltly reserved for you, che sembra provenire dagli anni '50/60 ed è come un miracolo, un incanto di bellezza destinato a diventare, anzi appare come se già lo fosse, un grande classico. Ed è su questa linea che in meno di quaranta minuti, segnati da una pausa strumentale che non mi ha particolarmente convinto - Dusty blue -, scorre un disco semplice, senza particolari invenzioni - anche se Confusion, con quel groove miscelato all'elettronica distorta del theremin potrebbe farmi rimangiare qualche parola - e innovazioni, diventa espressione della passione per il soul, una specie di missione che sembra quasi aver lo scopo di far innamorare di quegli anni il presente o spingere per un ritorno a tornare ad amare nello stesso modo di allora. Almeno nella musica.
Buon ascolto!


Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!

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