"La bellezza è il non so che, è il quasi nulla"
...è l'apostrofo tra elle e apostrofo.
... poi c'è la droga.
... poi c'è la droga.
Ligabue, che testo pregno. Proprio sei pregno di testi pregni.
Tu mangiassi più prugne forse saresti meno pregno.
Tu mangiassi più prugne forse saresti meno pregno.
Il libro parlava chiaro: "... all'improvviso il Sole si oscurerà oscurando il creato e la pioggia, lavando ogni cosa sulla terra, mostrerà la verità agli occhi di ognuno, Ligabue canterà De Andrè e il settimo cherubino squillerà la sua tromba...".
Insomma, un Sanremo che comincia con Ligabue che canta Creuza de mä, all'onorevole memoria di Fabrizio De Andrè - parole chiave di questa prima frase: Ligabue, Creuza de mä, De Andrè - avrebbe già di per sé un che di preoccupante, se a questo si associa anche il tentativo di oKKupazione operaia sugli spalti con tanto di letterina da far leggere in diretta e accento partenopeo, allora siam pericolosamente vicini al melodramma.
Ed è davvero solo l'inizio, forse i primi venti minuti probabilmente meno, di un Sanremo che più che un festival è una commemorazione continua, che passa non solo dalle dediche ai cantanti non più viventi, ma anche agli ospiti. Da martedì a sabato è stato un tripudio di reparto geriatrico (da Raffaella Carrà alle Kessler, le gemelle più porno della televisione democristiana, da Gino Paoli a Silvan), pubblicità "gratuita" per i programmi di Mamma Rai e infine di noncentrouncazzismo (composto da personaggi appartenenti agli ambiti più disparati della società italiana, con nemmeno i famosi quindici minuti - ma nemmeno cinque - di celebrità a sostenerne la presentazione), tale da far passare la voglia di guardarlo pure al più volenteroso pubblico.
Du palle in cinque giorni.
Ma l'abbiamo visto infestando bacheche e vite di tutti i contatti facebuccoidi e i lettori di Twitter e sebbene talvolta ne siamo rimasti seriamente orripilati, alla fine la lettura del "ti sono vicino ma ti guardo come se non mi appartenesse" ha funzionato rendendo il grottesco, ilare.
Il Festivallo della canzone-tta italiana svecchiato e senza inutili dentiere al microfono, persino gli ospiti internazionali son stati giovani - eccezion fatta per Cat Stevens -, ha prodotto un evento qualitativamente ripetitivo e ho capito che "squadra che vince non si cambia", ma almeno una spuntatina negli ordini e nei modi rispetto all'anno scorso sarebbe stata gradita. Invece Fazio ha fatto sempre la parte di maschio democristiano a disagio con la bellezza, a metà tra "ti voglio chiedere mentre ti scopo, Who is your daddy?" e "ma sempre in nome di Dio"; la Littizzetto detta anche La Vessicchia, la sua parte di comica, a tratti quasi fastidiosamente offensiva, ingravidata da battute (mediocri per lo più), una gatling con colpi infiniti che nemmeno in Cabal; e infine poi, a coronazione del tutto, la retorica in primis sulla bellezza, tema principale del Festival, quindi estesa poi al generale. E su questo due appunti.
Il primo è come si fa, puttana miseria, a metter vicine la parola bellezza e un programma nazional popolare come Sanremo, se non aventi un intento criminale.
Il secondo è, ma perché si riesce a parlare al pubblico solo attraverso della pessima retorica? Perché c'è bisogno di banalizzare a tal punto il linguaggio, le idee, i contenuti, spiegatemelo Littizzetto, Gramellini, Fazio, spiegatemelo, perché io non lo capisco. Penso che il discorso sulla bellezza di Impastato, che pure è stato portato sul palco da Montalbano Luca Zingaretti, sia perfetto ad esprimere il concetto, e invece è stato sovraccaricato da ripetizioni, da esondazioni di piscio orale di gruppo in cui addirittura ci siam dovuti sorbire scontatezze come: "Tutti possiamo creare bellezza ce ne siamo solo dimenticati", "Perché i bambini con la sindrome di Down son dei bambini non delle sindromi" e cose così. Un mondo alla ricerca di facili applausi che, come cani pavloviani allo squillo della campanella, partono in clap clap automatici.
Parliamo di musica, che è meglio.
E qua si apre il macello, ché dev'esserci
scritta qualche clausola sul contratto di partecipazione: "Possono far cagare tutte e due
le canzoni partecipanti oppure solo una delle due. Non vi permettete a
far doppiette decenti che vi si caccia". Diversamente anche qui non me lo spiego.
Dei giovani han vinto, il premio della critica, Zibba - che con la voce che ha è una poesia vivente - e il primo posto, Rocco Hunt, la percentuale partenopea. Ma la cosa che più mi agghiaccia è che questo giovanissimo rapper mediocre ha una pagina con 300.000 mi piace su Facebook, per farvi capire, Renzo Rubino ne ha 20.000. Si può francamente rispondere con uno "sticazzi", il problema è che però il segnale, dando la vittoria a uno piuttosto che a un altro, è che chi ha vinto è più bravo e allora no, cazzo. Comunque Graziani ha fatto molto bene sul palco, così come anche Diodato - anche se con una canzone, Babilonia, sotto i limiti dell'accettabile -, peccato invece per The Niro, Davide con 1969 ha portato quella che ho ritenuto dal punto di vista armonico la più bella canzone del festival, però sul palco avrebbe potuto fare davvero di più.
Ma del resto la vittoria di Hunt fa il paio con quella di Arisa, vittoria che, nel caso della nillapizziana cantante contemporanea, il Corriere della Sera ha postato in rete prima che avvenisse la proclamazione sul palco dell'Ariston. "Coincidenze???? SVEGLIA!11!1!!1!" [cit.]
Foto di repertorio trafugata qui |
Arisa - Non so che dire, se non "Diocristo". Sì può? Evidentemente sì e non me ne capaciterò mai. Sconsolato mi soffermo sulla sua voce melodiosa, unica cosa su cui posso non bestemmiare/imprecare. La canzone, Controvento, è banale come questo festival, priva di poetica percepibile, come questo festival, un revival anni Trenta, come questo festival. Perfetta in effetti per questo Festival.
Raphael Gualazzi &The Bloody Beetroots Venom - Quest'anno con Liberi o no a noi Gualazzi ci è piaciuto. Ok non è che chissà cos'abbia portato sul palco, la poetica è in fase di appiattimento, la parte musicale più snella e pop, però almeno gli è ritornata addosso dopo un anno la voglia di vivere. Ed un po' di brio interessante e orecchiabile è sempre un buon biglietto da visita.
Renzo Rubino - Che ve devo dì, a me lui piace moltissimo, lo abbiamo messo nel Discolo vol.II non a caso. Ha una bella voce, compone armonie interessanti e possiede una poetica dal piglio estetico notevole. Ora è brillante, meno armonica e intensa di Amami uomo, ma lui ha una carica travolgente e su quel piano si dimena come se la volesse ballare e la suona che è un piacere soprattutto per noi.
Francesco Renga - L'uomo che bagnava le passere, almeno a leggere i social network, si difende sul palco con la sua bellezza e con quel che resta della sua voce da cannone, più che con la bellezza di Vivendo adesso, canzonettina, appena accettabile che gli vale un immeritato quarto posto. Sarà merito del carisma, non so.
Noemi - Sale sul palco dell'Ariston accompagnata da vestiti cuciti da sarti sotto LSD. A parte questo avrebbe dovuto vedere il quinto posto da fuori al teatro. Canzone imbarazzante cantata con una voce che a dir la verità è diventata forse per affermazione del timbro più fastidiosa che potente. Sicuramente tra le perplessità maggiori della selezione, ma è un artista che non penso abbia molto né da dare, né da dire.
Perturbazione - Mi hanno deluso. Li conoscevo pochissimo anche prima, ma L'unica ha solo una componente radiofonica molto interessante, niente più che questo. Di buono c'è la loro presenza scenica impeccabile, mi sarei aspettato di più, ma forse è il mio conoscerli poco a farmi parlare. In generale non sicuramente una cattiva performance, di certo meglio di Arisa che dal suo primo posto saluta tutti.
Cristiano De Andrè - La sua sfiga è stata l'aver perso il primo giorno con il televoto la canzone poeticamente più bella del festival, Invisibili, con quella avrebbe potuto far davvero molto meglio. A ogni modo l'ho trovato molto emozionato, sentitamente emozionato, al punto da farmi empaticamente emozionare e la voce, anche quando ha cantato Verranno a chiederti del nostro amore, del padre, è stata sempre molto piacevole, drammaticamente molto misurata.
Frankie HI NRG - Secondo me il suo dramma più grosso è l'aver scritto una canzone come Quelli che benpensano. Pedala, infatti è un motivetto rap, anche ricco di una certa carica incalzante, però a fronte di una canzone potente come quella è privo di qualsivoglia competizione. Ha scritto qualcosa di così bello, che qualunque altra cosa anche non male, appare molto peggio di com'è. Quando ha cantato con la Mannoia il pezzo di Gaber è stato straordinario.
Giusy Ferreri - Anche senza diventare inutilmente bestie nell'offese, lei è lì e io non saprò mai con qual coraggio, l'abbiano fatta salire lì. Ho detto una cosa simile anche per Arisa, ci son andato più pesante con Noemi, ma questa roba è di un'imbarazzante tale da trasformare le canzoni di entrambe a proposte valide a ottenere il premio nobel per la letteratura. E' pazzesco. La rima "Perché, me, te". E' pazzesco.
Sàrcina - E' sorridente, ha un controllo notevole del palco, come della sua voce, canta canzoni radiofonicamente perfette. Nel tuo sorriso è una di quelle canzoni gagliarde che spareresti ad alto volume in macchina. Ma quando sei solo. A parte questo è una di quelle canzoni da festival un po' facilone se vogliamo, ma molto ben riuscite.
Giuliano Palma - Qualunque cosa lui faccia è una cover. Comunque, anche quando è originale come in Così lontano. Immaginate una canzone qualsiasi mettetegli le trombe a fare un po' di ska, disegnatevi un po' di palmizi mentali e ve lo ritrovate lì a cantare con la sua voce da spiaggia nel mezzo di un tramonto. L'ho visto per la prima volta senza occhiali. Io pensavo che fosse un mix tra il Dottor Xavier e Ciclope, invece ha anche gli occhi e li può mostrare senza ammazzare nessuno.
Antonella Ruggiero - Una delle cantanti italiane più vocalmente dotate non può portare una cosa come Da Lontano, Dio mio perché. Eppure lei sale sul palco con gli occhi gonfi, neri di trucco, semi-chiusi che pare completamente in botta da bamba bianca purissima e canta con quella voce che arriva in alto, in alto, in alto che nemmeno l'uomo ragno nella canzone Spiderman. E poi basta però. E non si può reggere solo su un talento simile la propria storia artistica. O quantomeno a un certo punto è meglio lasciare i contest agli altri, aprire una scuola e continuare a cantare solo per il proprio accanito pubblico.
Ron - Conciato come l'emigrato Nino Manfredi in Pane e cioccolata porta un po' di folk sul palco dell'Ariston. L'ultimo posto non l'avrei dato a lui, pur portandosi una canzone non particolarmente bella come Sing in the rain. Ma diciamo che lui non è mai stato un artista di quelli che mi sento di poter difendere per qualche ragione, è un po' anonimo e l'avrei lasciato anonimamente anche se più meritatamente a metà classifica.
Riccardo Sinigallia - Ovvero quando l'ingenuità si paga carissima. Ovvero il fuori concorso. E' stato un peccato, davvero. Prima di andare via, è stata una delle canzoni più belle, sicuramente tra le mie prime tre personali del festivallo, saperlo escluso mi è dispiaciuto da matti ed è stato un esempio di dignità e umanità quando, ammettendo di aver suonato già prima del Festival il brano, ha chiesto scusa. Una persona simile è una ricchezza anche in questi casi e dato che sicuramente lo è musicalmente, a questo punto pazienza e ti abbraccio, anche senza conoscerti.
Raphael Gualazzi &
Renzo Rubino - Che ve devo dì, a me lui piace moltissimo, lo abbiamo messo nel Discolo vol.II non a caso. Ha una bella voce, compone armonie interessanti e possiede una poetica dal piglio estetico notevole. Ora è brillante, meno armonica e intensa di Amami uomo, ma lui ha una carica travolgente e su quel piano si dimena come se la volesse ballare e la suona che è un piacere soprattutto per noi.
Francesco Renga - L'uomo che bagnava le passere, almeno a leggere i social network, si difende sul palco con la sua bellezza e con quel che resta della sua voce da cannone, più che con la bellezza di Vivendo adesso, canzonettina, appena accettabile che gli vale un immeritato quarto posto. Sarà merito del carisma, non so.
Noemi - Sale sul palco dell'Ariston accompagnata da vestiti cuciti da sarti sotto LSD. A parte questo avrebbe dovuto vedere il quinto posto da fuori al teatro. Canzone imbarazzante cantata con una voce che a dir la verità è diventata forse per affermazione del timbro più fastidiosa che potente. Sicuramente tra le perplessità maggiori della selezione, ma è un artista che non penso abbia molto né da dare, né da dire.
Perturbazione - Mi hanno deluso. Li conoscevo pochissimo anche prima, ma L'unica ha solo una componente radiofonica molto interessante, niente più che questo. Di buono c'è la loro presenza scenica impeccabile, mi sarei aspettato di più, ma forse è il mio conoscerli poco a farmi parlare. In generale non sicuramente una cattiva performance, di certo meglio di Arisa che dal suo primo posto saluta tutti.
Cristiano De Andrè - La sua sfiga è stata l'aver perso il primo giorno con il televoto la canzone poeticamente più bella del festival, Invisibili, con quella avrebbe potuto far davvero molto meglio. A ogni modo l'ho trovato molto emozionato, sentitamente emozionato, al punto da farmi empaticamente emozionare e la voce, anche quando ha cantato Verranno a chiederti del nostro amore, del padre, è stata sempre molto piacevole, drammaticamente molto misurata.
Frankie HI NRG - Secondo me il suo dramma più grosso è l'aver scritto una canzone come Quelli che benpensano. Pedala, infatti è un motivetto rap, anche ricco di una certa carica incalzante, però a fronte di una canzone potente come quella è privo di qualsivoglia competizione. Ha scritto qualcosa di così bello, che qualunque altra cosa anche non male, appare molto peggio di com'è. Quando ha cantato con la Mannoia il pezzo di Gaber è stato straordinario.
Giusy Ferreri - Anche senza diventare inutilmente bestie nell'offese, lei è lì e io non saprò mai con qual coraggio, l'abbiano fatta salire lì. Ho detto una cosa simile anche per Arisa, ci son andato più pesante con Noemi, ma questa roba è di un'imbarazzante tale da trasformare le canzoni di entrambe a proposte valide a ottenere il premio nobel per la letteratura. E' pazzesco. La rima "Perché, me, te". E' pazzesco.
Sàrcina - E' sorridente, ha un controllo notevole del palco, come della sua voce, canta canzoni radiofonicamente perfette. Nel tuo sorriso è una di quelle canzoni gagliarde che spareresti ad alto volume in macchina. Ma quando sei solo. A parte questo è una di quelle canzoni da festival un po' facilone se vogliamo, ma molto ben riuscite.
Giuliano Palma - Qualunque cosa lui faccia è una cover. Comunque, anche quando è originale come in Così lontano. Immaginate una canzone qualsiasi mettetegli le trombe a fare un po' di ska, disegnatevi un po' di palmizi mentali e ve lo ritrovate lì a cantare con la sua voce da spiaggia nel mezzo di un tramonto. L'ho visto per la prima volta senza occhiali. Io pensavo che fosse un mix tra il Dottor Xavier e Ciclope, invece ha anche gli occhi e li può mostrare senza ammazzare nessuno.
Antonella Ruggiero - Una delle cantanti italiane più vocalmente dotate non può portare una cosa come Da Lontano, Dio mio perché. Eppure lei sale sul palco con gli occhi gonfi, neri di trucco, semi-chiusi che pare completamente in botta da bamba bianca purissima e canta con quella voce che arriva in alto, in alto, in alto che nemmeno l'uomo ragno nella canzone Spiderman. E poi basta però. E non si può reggere solo su un talento simile la propria storia artistica. O quantomeno a un certo punto è meglio lasciare i contest agli altri, aprire una scuola e continuare a cantare solo per il proprio accanito pubblico.
Ron - Conciato come l'emigrato Nino Manfredi in Pane e cioccolata porta un po' di folk sul palco dell'Ariston. L'ultimo posto non l'avrei dato a lui, pur portandosi una canzone non particolarmente bella come Sing in the rain. Ma diciamo che lui non è mai stato un artista di quelli che mi sento di poter difendere per qualche ragione, è un po' anonimo e l'avrei lasciato anonimamente anche se più meritatamente a metà classifica.
Riccardo Sinigallia - Ovvero quando l'ingenuità si paga carissima. Ovvero il fuori concorso. E' stato un peccato, davvero. Prima di andare via, è stata una delle canzoni più belle, sicuramente tra le mie prime tre personali del festivallo, saperlo escluso mi è dispiaciuto da matti ed è stato un esempio di dignità e umanità quando, ammettendo di aver suonato già prima del Festival il brano, ha chiesto scusa. Una persona simile è una ricchezza anche in questi casi e dato che sicuramente lo è musicalmente, a questo punto pazienza e ti abbraccio, anche senza conoscerti.
Finito Sanremo, finito il mio spam, anche perché oggi a Bologna c'è una giornata che proprio sembra fatta apposta per festeggiare per le strade e invitare il vicinato a mangiare su grandi tavolate e tagliare fette d'arrosto e di pane abbrustolito da mettere nei piatti di tutti e brindare insieme con il vinello buono e giù un bicchiere dopo l'altro... e poi, a un certo punto, assentarsi un momento e far esplodere tutto.
Ché tanto lì in mezzo qualcuno che ha votato Arisa o Rocco Hunt, che pensa che Questo piccolo grande amore sia una delle più grandi canzoni del secolo scorso o che pensa che Ligabue sia un ottimo rocker, lo becchi sicuro.
... sigla.
allora, ho capito bene, ha vinto Arise dei Sepultura? cioé questa qui:
RispondiEliminawww.youtube.com/watch?v=6BOHpjIZyx0
fiquata, l' anno prossimo lo guardo anch' io zanremo
Mi fanno sapere dalla regia che dev'esserci stata un'incomprensione, ma ormai quel che è fatto è fatto.
EliminaSe l'anno prossimo lo guardi tienimi al corrente, che si va in combo.
Viva!
A.