Eppure l’ho girato e rigirato, ma niente, non l’ho trovato, devono essersi dimenticati di scriverlo: “ATTENZIONE questo disco fa venir voglia di ballare”.
Vecchio mondo, terzo lavoro dei Gattamolesta, è una specie di albero della cuccagna, in cui testi ghignanti di critica sociale si accostano senza stridore da un lato a un folk perfetto e coinvolgente, fatto di tarantelle, musica mariachi e motivi balcanici e dall’altro a punk e ska ritmati e pesati abbastanza da non diventare ingombranti o fuori tono.
Vecchio mondo, terzo lavoro dei Gattamolesta, è una specie di albero della cuccagna, in cui testi ghignanti di critica sociale si accostano senza stridore da un lato a un folk perfetto e coinvolgente, fatto di tarantelle, musica mariachi e motivi balcanici e dall’altro a punk e ska ritmati e pesati abbastanza da non diventare ingombranti o fuori tono.
Il fatto di averci messo così tanto a incontrare questo lavoro – assolutamente mea culpa - mi fa agio almeno in senso archivistico, visto che ho la possibilità di aggiungere la sua vittoria al premio MEI ROMAGNA come miglior disco romagnolo dell’anno 2012, a questa recensione.
Non lo faccio praticamente mai, perché allo specifico sentore preferisco tratteggiare il gusto generale di cui ho goduto durante l’ascolto, ma sento di dovermi soffermare in particolare su due brani, perché davvero basterebbero, Cinghiale matto, la traccia di apertura con il suo ritmo trascinante e dirompente, e Vecchio mondo, che nel suo incedere lento e poi crescente ha un sapore così perdutamente sovietico, a rendere già più che degno di memoria imperitura questo disco.
Ora, può darsi che, soprattutto dal punto di vista musicale e armonico, l’album abbia un qualcosa di già risentito, del resto è immerso dalla testa ai piedi nella canzone popolare, ma il vero pregio della band romagnola, al di là dell’orecchiabilità e della facilità con cui le tracce di Vecchio mondo, specie le più ritmate, entrano sottopelle, è quello di aver reso tutto fluido e di aver cesellato questa caratteristica attraverso una poetica testuale piacevole, incalzante e perfettamente coerente alla musicalità.
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per il disco.
Non lo faccio praticamente mai, perché allo specifico sentore preferisco tratteggiare il gusto generale di cui ho goduto durante l’ascolto, ma sento di dovermi soffermare in particolare su due brani, perché davvero basterebbero, Cinghiale matto, la traccia di apertura con il suo ritmo trascinante e dirompente, e Vecchio mondo, che nel suo incedere lento e poi crescente ha un sapore così perdutamente sovietico, a rendere già più che degno di memoria imperitura questo disco.
Ora, può darsi che, soprattutto dal punto di vista musicale e armonico, l’album abbia un qualcosa di già risentito, del resto è immerso dalla testa ai piedi nella canzone popolare, ma il vero pregio della band romagnola, al di là dell’orecchiabilità e della facilità con cui le tracce di Vecchio mondo, specie le più ritmate, entrano sottopelle, è quello di aver reso tutto fluido e di aver cesellato questa caratteristica attraverso una poetica testuale piacevole, incalzante e perfettamente coerente alla musicalità.
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per il disco.
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