Ho sentito dire che questo disco dovrebbe parlare di Berlino, la città dai due volti, quello deturpato e sifilitico e quello un po’ storico – soprattutto nel senso di risparmiato dalla storia - e un po’ tecnologico, del volto gemello che ad un passo dall’abisso s’è fortunosamente salvato. Io però non lo so il perché di questo assioma, sono seduto e stroncato dal continuum quasitotalmentestrumentale del terzetto e sono ancora in quel limbo da interdizione mentale, come se mi fossi da poco svegliato da un copioso assaggio di psilocibina.
Per intenderci, una specie di sogno ad occhi aperti da film, di quelli dove il protagonista è talmente abbruttito dagli stupefacenti che ai piedi ha le ruote e cammina senza muovere le gambe, percependo non il suo sgambettare quanto lo scorrere della città intorno, una specie di Intervallo, sì quello RAI delle fotografie con sotto il nome del posto fotografato, solo più sballato.
Del resto "ä" è un disco che risulta difficile da comprendere sin dal titolo. Dicono che sia una città divisa con due torri a sorvegliarla (la Berlino di cui sopra, appunto), eppure è anche la prima lettera dell’alfabeto seppur dotata di umlaut, ma anche due occhi su una bocca spalancata da illustrazione per l’infanzia e un principio di dedica evaso nel ricevente e ancora chissà cos’altro; e se risulta così ampio il significato che è possibile dare al titolo figuratevi il resto, anche se c’è tutto: c’è l’arpeggio, il giro di basso, il rullare della batteria, il controtempo, c’è il suono - sempre lisergico - acustico e quello elettrico, e c’è la voce, a volte più d’una e in Tonight it’s electric femminile, a ripetere costantemente gli stessi versi in modo da fissarli in mente come un mantra cosmico o un’opera di auto convincimento. Otto tracce (sette più una bonus) e quaranticinque minuti di intontimento coinvolgente nei cambi repentini e improvvisi di ritmo e armonia, che però prima di modularsi in suoni differenti ritornano in riff continui.
Io so che questo disco è di quelli che non si sanno dire, eppure si direbbero lo stesso, so che è pieno di richiami a qualcos’altro, ma non potrei offrire la certezza della citazione, so che mi ha strafatto e che succederà anche a voi.
Buon ascolto!
Per intenderci, una specie di sogno ad occhi aperti da film, di quelli dove il protagonista è talmente abbruttito dagli stupefacenti che ai piedi ha le ruote e cammina senza muovere le gambe, percependo non il suo sgambettare quanto lo scorrere della città intorno, una specie di Intervallo, sì quello RAI delle fotografie con sotto il nome del posto fotografato, solo più sballato.
Del resto "ä" è un disco che risulta difficile da comprendere sin dal titolo. Dicono che sia una città divisa con due torri a sorvegliarla (la Berlino di cui sopra, appunto), eppure è anche la prima lettera dell’alfabeto seppur dotata di umlaut, ma anche due occhi su una bocca spalancata da illustrazione per l’infanzia e un principio di dedica evaso nel ricevente e ancora chissà cos’altro; e se risulta così ampio il significato che è possibile dare al titolo figuratevi il resto, anche se c’è tutto: c’è l’arpeggio, il giro di basso, il rullare della batteria, il controtempo, c’è il suono - sempre lisergico - acustico e quello elettrico, e c’è la voce, a volte più d’una e in Tonight it’s electric femminile, a ripetere costantemente gli stessi versi in modo da fissarli in mente come un mantra cosmico o un’opera di auto convincimento. Otto tracce (sette più una bonus) e quaranticinque minuti di intontimento coinvolgente nei cambi repentini e improvvisi di ritmo e armonia, che però prima di modularsi in suoni differenti ritornano in riff continui.
Io so che questo disco è di quelli che non si sanno dire, eppure si direbbero lo stesso, so che è pieno di richiami a qualcos’altro, ma non potrei offrire la certezza della citazione, so che mi ha strafatto e che succederà anche a voi.
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!
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