"Per
misurare la mia deviazione
c’è bisogno di un segnale forte,
perché chiunque
vorrebbe
essere amato per quello che è,
ma quando siamo certi
ma quando siamo certi
di essere persone sbagliate
possiamo
aver la pretesa
di essere amati?”
Mi capita di frequente che nomi e frasi mi tornino
in mente richiamando interi lungometraggi di immagini. Devocka, ad esempio, mi
riporta alla lisergica realtà visionaria e distopica, ma col senno di poi
nemmeno troppo, di Arancia Meccanica, con Alex e i suoi tre drughi stravaccati
nel Korova Milk bar.
Questo
resta nonostante il nome in questione mi sia stato portato sotto gli occhi dal
terzo lavoro dell’omonima band ferrarese, intitolato la Morte del Sole.
Conoscevo già il progetto artistico, ma non mi ero mai soffermato precisamente sull’insieme musicale dei precedenti lavori e quindi non sono in grado strettamente di operare un serio paragone di crescita, questo qualora interessasse a qualcuno averlo ben presente, posso però descrivere il livello di maturazione raggiunto.
I toni
cupi del disco affondano le radici nelle influenze new wave respirando ampiamente
tra post rock e post punk, che si alternano senza sosta tra giri di accordi
estremamente armonici, come in Cagne,
e pesanti assi ritmici di basso e batteria e trovano nella voce del cantante il
quid a completare il racconto dell’algida, seppur fremente, realtà circostante.
Il concept dell’album è una consapevolezza che non diventa motivo di
arrendevolezza o disperazione, ma anzi rabbiosa risposta, sentimento di rivalsa
o per lo meno desiderio di urlare la propria negazione, alla malattia
contagiosa apparentemente immutabile che ha colpito ogni cosa intorno.
E’
l’esistenza dell’uomo affondata nella quotidiana realtà paranoica quella
descritta e come vien suggerito nei riverberi caustici di Tecnologici nessuno si salva: “sono un idiota anche io come tutti,
ma almeno io lo so.”
Buon
ascolto!
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