Poi dici “Dagli amici mi guardi Dio…” e chi potrebbe spacciarmi la musica se non ci fossero gli amici?
In questo caso certo nessun altro! Per chi ogni giorno prega (come il sottoscritto fa da tre anni a questa parte) che il mondo musicale italiano abbia una decisa svolta rock psichedelico-progressiva (stile anni Settanta), imbattersi nei neo-nascenti Pineda, progetto musicale creato dall’unione di Marco Marzo Maracas (chitarra) Floriano Bocchino (piano rhodes) e Umberto Giardini, di cui più spesso avrete sentito parlare con lo pseudonimo di Moltheni (batteria), è come vincere al Totocalcio, o almeno così si sarebbe detto non meno di venti anni fa.
Il debut ep Pineda, è un concept album di sette tracce (in realtà sei non contando lo split della quinta traccia), registrato dalle sapienti accortezze di Antonio “Cooper” Cupertino, presso le “Officine meccaniche” milanesi di Mauro Pagani e pubblicato dall’etichetta indipendente Deambula Records, dalla qualità musicale impressionante e sarò anche in brodo di giuggiole per le sonorità post-rock coese al progressive, ma davvero il parere va al di là delle mie preferenze ritmiche.
A trasportare nelle dimensioni da concept album basta già la prima traccia “Give me some well-dressed reason”, che nel giro ripetitivo d’accordi e con il piano rhodes di Bocchino mi ha letteralmente proiettato in un film di Dario Argento bonanima, ché sappiamo tutti che non è ancora morto, ma Argento il regista con le contro[parola a piacere], quello sì è solo un ricordo. E il primo brano sarà solo la quiete prima della tempesta.
Questo album è un’apocalisse di interferenze, di giochi musicali, di rivalse strumentali (non dichiarate né letteralmente volute) sulla voce, di cui non si sente affatto la mancanza. Il pensiero che compaia alla celebrazione, guarda caso (?), dei sessant’anni del vinile è il miglior regalo che si potesse sperare.
Mentre sentite la puntina graffiare i microsolchi del disco pensatemi.
Buon ascolto.
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!
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