Due dischi e un EP all’attivo in cui l’anglofonia fa da padrona ai testi, poi arriva Italico e, forse in risposta al consolidato disastro quotidiano, i Polar for the masses pescano dal loro cilindro creativo una sequenza di testi incazzati,
reiterati come continui messaggi subliminali martellanti, tutti scritti in italiano, districando, in ogni creazione distorta, parole e concetti semplici in modo da ficcarle a forza nella mente già dal primo ascolto. Una sistematicità rimbombante che talvolta fa sembrare il cantato parte della struttura ritmica del brano, come in Italico, apertura del disco, e in Un uomo un voto, in cui cassa e voce sembrano rispondersi colpo su colpo.
reiterati come continui messaggi subliminali martellanti, tutti scritti in italiano, districando, in ogni creazione distorta, parole e concetti semplici in modo da ficcarle a forza nella mente già dal primo ascolto. Una sistematicità rimbombante che talvolta fa sembrare il cantato parte della struttura ritmica del brano, come in Italico, apertura del disco, e in Un uomo un voto, in cui cassa e voce sembrano rispondersi colpo su colpo.
Il noise, le linee wave, un punk sporco dalla miscela non troppo indigesta e prepotente, diventano tutti strumenti atti a creare un album ritmato come un incedere di tamburi, marcia d’accompagnamento di un esercito della disperazione profonda, in cui i sentimenti sono offuscati, ma non offuscato è il bisogno di sentirli ancora addosso. Italico, è un disco che aggredisce l’attenzione, lo fa immediatamente rappresentando in copertina un’Italia, non più giovane donna in piedi, sostituita da un vecchio incoronato assiso su un trono, con la mano sinistra stretta intorno al manico di una forchetta e vestito da una bandiera italiana che gli cade addosso stancamente, come un panno floscio. E dal principio sembra dirci che il futuro è un vicolo cieco.
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità.
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