Autore: Thomas de Quincey
Anno 2009
Edizione: La Biblioteca - Robin edizioni
Pagine: 126
"... La gente comincia a rendersi conto che nella composizione di un bell'assassinio, c'è qualcosa di più di due stupidi, l'uccisore e l'ucciso, un coltello, una borsa e un vicolo buio. Trama, signori, allestimento, luce e ombra, poesia, sentimento, sono ora considerati indispensabili a prove di questa natura. ...Ogni cosa a questo mondo ha due aspetti. L'assassinio, per esempio, può esser preso per l'aspetto morale ... e quello lo ammetto è il suo lato debole; oppure può essere trattato esteticamente, come dicono i tedeschi, cioè in relazione al buon gusto ...".
E' con questo ironico inizio che si viene a conoscenza del tema che verrà trattato per l'intero brevissimo romanzo, che, se vogliamo, possiamo considerare, con un certo divertimento, molto vicino ad un'opera saggistica, una specie di elogio della polvere estremamente dissacrante e godibile.
Infatti, attraverso l'escamotage inventivo di un uomo morbosamente virtuoso, che entra in possesso di materiale scottante appartenente a una Società londinese, che dovrebbe occuparsi della diffusione del vizio (a sindacare che l'esercizio del moralizzare sia un leitmotiv senza tempo particolarmente suscettibile della nostra società), de Quincey ci spinge in articolate descrizioni, che dal genio incontrastato dell'inventore dell'omicidio, Caino, giungono fino all'Inghilterra dei suoi anni.
Vengono descritti con minuzia e sopraffino eloquio ben due omicidi, piuttosto differenti tra loro, ma accomunati dalla architettura artistica della loro globale esecuzione e dal gesto atletico compiuto dalle vittime per salvare la propria vita.
Il taglio narrativo scelto è una strampalata quanto "geniale" iperbole, tipica dello humour britannico, un modo per vivacizzare con scelte stilistiche raffinate e del tutto fuori schema, un argomento di approccio più accademico, con il risultato non di ridicolizzare la materia trattata, ma l'occhio con cui la società l'osserva.
Buona lettura.
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