Desert rock.
Ripetetelo con me: “desert rock”.
Se non bastasse l’ascolto di un disco, ci penserebbe il racchiuderlo in un genere a creare film mentali in chi l’ascolta.
Ripetetelo con me: “desert rock”.
Se non bastasse l’ascolto di un disco, ci penserebbe il racchiuderlo in un genere a creare film mentali in chi l’ascolta.
Ad esempio, questo appellativo mi riporta alla mente quel meraviglioso film dove c’è un Gibson giovanissimo, Mad Max, con il mondo ridotto a un canyon sabbioso, un’ambientazione cyberpunk post-apocalittica perfetta per il penta-occhiuto gatto samurai in copertina al disco Neko at Stella dell’omonimo duo fiorentino – Glauco Boato (voce/chitarra) e Jacopo Massangioli (batteria).
L’album è un’opera prima, di lunga gestazione, che si compone di un’esplosiva miscela di radicate influenze blues, ammalianti nenie shoegaze ed elettrificati stordimenti noise, come in Now i know, che asfaltano in due tempi separati da Intermission, “pausa” strumentale di poco più di due minuti, le fantasie di un mondo assolato. Illuminati da un’inarrestabile e immobile palla di fuoco nel cielo si salta dalla ferocia di As loud as hell, meraviglioso nel riff di chitarra già da solo valevole dell’ascolto dell’intero disco, fino a Like flowers, ballata folk blues un po’ struggente, un po’ alienata, un po’ disperatamente innamorata, che ricorda come anche il più rude masticatore e sputatore di tabacco, e nel deserto – anche in quello post-apocalittico – si sa ne è pieno, si nasconde un tonno tenero che diventa affettabile con improvvisati coltelli/grissini.
Neko at stella, è un disco che ti fa pensare a quando il Sole diventerà una nana bianca e prima di brillare un’ultima volta, per cancellare tutto ciò che ci riguarda nel silenzio dello spazio, ci ricorderà che tutti abbiamo un blues da piangere [cit. nec.] e il loro saluto con Come back to blues sarà perfetto.
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!
L’album è un’opera prima, di lunga gestazione, che si compone di un’esplosiva miscela di radicate influenze blues, ammalianti nenie shoegaze ed elettrificati stordimenti noise, come in Now i know, che asfaltano in due tempi separati da Intermission, “pausa” strumentale di poco più di due minuti, le fantasie di un mondo assolato. Illuminati da un’inarrestabile e immobile palla di fuoco nel cielo si salta dalla ferocia di As loud as hell, meraviglioso nel riff di chitarra già da solo valevole dell’ascolto dell’intero disco, fino a Like flowers, ballata folk blues un po’ struggente, un po’ alienata, un po’ disperatamente innamorata, che ricorda come anche il più rude masticatore e sputatore di tabacco, e nel deserto – anche in quello post-apocalittico – si sa ne è pieno, si nasconde un tonno tenero che diventa affettabile con improvvisati coltelli/grissini.
Neko at stella, è un disco che ti fa pensare a quando il Sole diventerà una nana bianca e prima di brillare un’ultima volta, per cancellare tutto ciò che ci riguarda nel silenzio dello spazio, ci ricorderà che tutti abbiamo un blues da piangere [cit. nec.] e il loro saluto con Come back to blues sarà perfetto.
Buon ascolto!
Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!
Nessun commento:
Posta un commento
Commentate, ché solo nello scambio c'è ricchezza per entrambi.