Scendere al Sud mi crea sempre un atavico malessere e poi un vago ma denso senso di contrizione, sia per i modi sia per le forme di vita di cui si sente parlare, in cui ci si può facilmente immergere fino a comprendere quanto vi si sia drammaticamente invischiati. Eppure stavolta è stato diverso, come se alla fine alla furia della mia mancanza di accettazione verso tutta questa palpabile, quasi ineluttabile, inerzia, vi si sia sostituita una specie di pazienza.
Sia come sia, sette giorni sono volati e per la prima volta dopo sedici anni, vado via da Taranto senza alcun pensiero di disprezzo dentro, solo comprensione, un po' di amarezza, come nel vedere la fotografia di una nonna che per senilità ha smesso di poterti parlare, ma negli occhi le leggi ancora tutto.
Buon martedì e nell'anno che ormai giunge vi auguro di poter raccogliere quanto abbiate finora seminato.
Sigla.
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